Siamo a cento anni dalla nascita di Don Lorenzo Milani, il priore che nel dicembre del 1954, a causa di screzi con la Curia di Firenze che lo riteneva troppo franco e poco felpato nei toni e troppo vicino agli emarginati, venne mandato a Barbiana, minuscola e sperduta frazione di montagna nel comune di Vicchio, in Mugello, dove entrò in contatto con una realtà di povertà ed emarginazione ben lontana rispetto a quella in cui aveva vissuto gli anni della sua giovinezza. Iniziò in quelle circostanze il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolta a coloro che, per mancanza di mezzi, sarebbero stati quasi inevitabilmente destinati a rimanere vittime di una situazione di subordinazione sociale e culturale. In quelle circostanze, iniziò a sperimentare il metodo della scrittura collettiva.
Gli ideali della scuola di Barbiana erano quelli di costituire un’istituzione inclusiva, democratica, con il fine non di selezionare ma piuttosto di far arrivare, tramite un insegnamento personalizzato, tutti gli alunni a un livello minimo d’istruzione garantendo l’eguaglianza con la rimozione di quelle differenze che derivano da censo e condizione sociale.
La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana, un paese con un nucleo di poche case intorno alla chiesa; con il bel tempo si faceva scuola all’aperto sotto il pergolato. La scuola di Barbiana era un vero e proprio luogo collettivo dove si lavorava tutti insieme e la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.
Con i ragazzi di Barbiana, nel maggio del 1967 (quando ormai era gravemente malato), scrisse il libro “Lettera ad una professoressa”. Un durissimo atto d’ accusa nei confronti di una scuola che non si curava degli allievi in difficoltà perché poveri. Un testo dirompente che diventava presto anche il manifesto per un sistema formativo più inclusivo e più giusto e di una pedagogia e una metodologia d’insegnamento aperte, collaborative, innovative, concrete. C’è da chiedersi che cosa resti, oggi, di quel messaggio e che cosa ci sia da riprendere da quella esperienza. A volte sembra che niente sia invecchiato: né la denuncia né la proposta, né lo stile, né la forma, Non c’è una frase fuori posto, né un giudizio, per quanto provocatorio, che non risulti giustificato e illuminante. Certo la realtà e i tempi che viviamo non sono più quelli; neanche la scuola è più quella, ma molte di quelle difficoltà, di quelle criticità e di quei problemi, là individuati e combattuti, li ritroviamo ancora. Certo le povertà e i disagi educativi, le marginalità e le esclusioni hanno caratteristiche differenti e forse sono meno clamorose. Sicuramente sono meno giustificate e non più considerate naturali e inevitabili. Non sono rimosse, ma non sono meno gravi, meno diffuse, meno discriminanti.
Nella consapevolezza infine che la descrizione di un’opera è sempre soggettiva e mai esaustiva, ognuno di voi saprà certamente riconoscere direttamente dal suo scritto più celebre i profondi valori umani e sociali posseduti da questo immenso Frate che nella sua breve vita è riuscito ad impartire all’umanità tutta una lezione indelebile di solidarietà, inclusività, civiltà e giustizia.
Sperando di far cosa gradita, si allega il testo di “Lettera ad una professoressa” – Don Lorenzo Milani ed i Ragazzi di Barbiana (1967).
Don Milani
File | Descrizione | Versione | Dimensione | Data inserimento | Download |
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Lettera a una professoressa | 1.16 MB | 28-11-2023 | Download |
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